la pausa - n.18

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1 Scopriamo “I colori della vitaMAGNUM Rimettersi in forma dopo le feste Pochi trucchi per dire addio ai chili accumulati a dicembre Iniziano i Saldi COPIA GRATUITA SCARICALA GRATIS SU www.lapausa.eu ANNO 3 NUMERO 18

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La Pausa Magazine apre l'anno all'insegna del rinnovamento: nuova grafica e nuove rubriche.

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1Scopriamo “I colori della vita”

MAGNUM

Rimettersi in forma dopo le feste

Pochi trucchi per dire addio ai chili accumulati a dicembre

Iniziano i Saldi

COPIA GRATUITA

SCARICALA GRATIS SU

www.lapausa.eu

ANNO 3 NUMERO 18

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INDICE

48 12 16 20 22 2826 32 4036GREEN

Storie di vita vissuta Marco Valesi: una vita all’estero P 4

Viaggi Catania P 8

Natura Parco naturale dell’Etna P 12

Animali Martora P 16

REDFilm Jurassic World P 20 Libri Quando amore non mi riconoscerai P 22

Libri I colori della vita P 24

Musica Muse P 26

Moda Saldi P 28

BLUEMotori Miura P 32 Sport Dieci momenti 2014 P 36

Sport minori Hockey subacqueo P 40

Fitness Esercizi per rimettersi in forma dopo le feste P 42

Salute e benessere Sport e motivazioni P 44

Games Monkey Island P 48

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706642 4844 50 5452 62 6458YELLOW

Casa & Design HOMI P 50

Arte Fiumara P 52

La pausa comica Pausa Cinema P 58

PINKCuriosità Epifania, giorni della Merla P 62 Spazio positivo Pensiero positivo P 64

Ricette Cassoeula P 66

Ricette Sbrisolona P 68

Foto del lettore I vostri scatti P 70

Anticipazioni Nel prossimo numero P 73

ANNO 3 N.18Rivista on-line gratuita

DIRETTORE RESPONSABILEPasquale Ragone

DIRETTORE EDITORIALELaura Maria Gipponi

GRAFICA E IMPAGINAZIONESimone Coppini

DIREZIONE | REDAZIONE | PUBBLICITA’

©

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CALIFORNIA REPUBLIC

Italia, Spagna, Inghilterra, Guatemala, Messico e Stati Uniti. Tante sono le nazioni raggiunte dal professor Marco Valesi che ora insegna all’università degli Studi di Parma, ma dalla California. L’intervista via Skype ci ha permesso di vivere in prima persona il clima del campus americano: durante la telefonata via IP abbiamo apprezzato un gruppo di ragazzi che visitavano l’università e musica dal vivo in pieno stile Made in USA.

Nome e etàMarco Valesi, 39 anni.

Dove vivi, Da quaNto tempo e per quale motivoAttualmente vivo a Merced, in California, ma prima di arrivare in America ho vissuto in Spagna, Inghilterra, Guatemala e Messico. Si fondono i motivi, infatti, ho iniziato con l’Erasmus a Salamaca, poi mi sono spostato per amore e lavoro all’ambasciata italiana in Guatemala. Ma non me ne sono mai andato solo e ora siamo in quattro!

Cosa ti ha spiNto a trasferirti all’estero?L’esigenza di confrontarmi con un’esperienza diversa, più sostanziale. L’idea di vivere in un altro posto mi sembrava opportuno, quindi nel 1999 mi sono spostato da Salamanca a Barcellona, mi sono innamorato della cultura spagnola, mi sembrava che la Spagna offrisse più opportunità di lavoro e mi sono fermato all’estero.

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qual è stata la prima impressioNe Dei paese iN Cui hai vissuto?In Spagna non ho notato una particolare differenza dall’Italia. Diverso è stato a Londra perché si capisce di non essere più nell’area mediterranea. In Guatemala, invece, ti rendi conto che sei in un’altra parte del mondo: lì è totalmente diverso, c’è più pericolo e ti confronti con dinamiche che non conosci. Il Messico, invece, non è stato così traumatico: Città del Messico è una città molto messicana ma anche molto internazionale con le dinamiche di una grande città. Vivere in USA è stato piuttosto facile, sebbene incompatibile per un europeo per il modus vivendi, per la struttura delle città – mi manca il concetto di piazza [ammette sorridendo, ndr] – e fanno cose che mi non appartengono

DesCrivi uNa traDizioNe CaratteristiCa (usaNze, aNeDDoti, superstizioNi)Per quanto riguarda gli orari dei pasti ho mantenuto gli orari spagnoli [il pranzo è tra le 14 e le 16 e la cena tra le 22 e le 24, ndr] mentre in USA si cena alle 18: sembra di essere sempre al cenone [ride, ndr]! Una caratteristica qui in California è quella di donare una pie al nuovo vicino in segno di benvenuto: una bella tradizione!Di Guatemala e Messico ricordo Dia De Muertos, una specie di Halloween, mentre di Londra mi è piaciuto molto l’uso pubblico degli spazi urbani: un bell’uso sociale delle aree cittadine.

ti sei seNtito o ti seNti straNiero? Come sei stato aCColto?In Spagna, Guatemala e Messico non c’era neanche l’ostacolo della barriera linguistica e mi sono sentito ben accetto.Nella vita di tutti giorni sono piuttosto “coccolato”, in ambito accademico, invece, so un po’ coloniali: nel senso che i professori con un certo grado lo fanno pesare agli altri diversi per etnia o origine.

DesCrivi i pro e i CoNtro Di essere uN italiaNo all’esteroL’Italia è tutto sommato ben vista all’estero, in generale i vantaggi sono tanti perché si tratta di una cultura amata e apprezzata. A volte si cade vittima di ovvietà e luoghi comuni perché si è immediatamente riconoscibili.

Il professor Marco Valesi con Manu Chau

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Tra i contro riscontro gli svantaggi linguistici: rispetto ad esempio ai nord europei l’italiano tendenzialmente si circonda di connazionali quindi si parla meno inglese e si interagisce meno.Nell’ambito accademico si sentono aggrediti dall’europeo bianco, quindi giocano sul fattore linguistico.

Cosa ti maNCa Dell’italia? (se C’è qualCosa Che ti maNCa)Gli affetti, la famiglia e gli amici. Adesso mi manca anche l’idea delle città italiane dove puoi muoverti in bicicletta, le piazze con i caffè tipiche delle cittadine universitarie o di provincia. Un po’ anche il cibo.Ora vivo dentro un campus per dove c’è vita sociale e ho selezionato gli amici, ad esempio qui a Merced non si può entrare in alcuni ristoranti

con i bambini, quindi la vita sociale è in parte limitata.In Italia non vedo l’ora di tornare, mi piacerebbe tornare per un paio di anni e ripartire: non sono sicuro che accadrà a breve, ma sento l’esigenza di una città “all’italiana”.Il caffè? Non ricordo il sapore del caffè. Qui ci sono tazze infinite, ma la coinquilina colombiana mi sta facendo riscoprire il sapore del caffè.

CoNsiglieresti aD uN italiaNo Di seguire le tue orme?Sì, se vuole vivere una vita caotica con poche certezze. Stare un po’ via dall’Italia fa bene: io non sono scappato, sono andato via e mi è piaciuto. Magari consiglierei di non fare cinque Paesi perché è faticoso.

Stipendio medio Negli USA si guadagna bene, ma si spende molto

Costo della vita

Ormai l'inglese è la lingua della mia quotidianità

Relazioni sociali

Extra

La pagella di MarcoNegli Stati Uniti s pecialmente nel settore accademico molto più che i n Europa, è una sorta di terra di conquista

I costi sono molto alti: si paga tutto. Non c'è uno Stato s ociale quindi s i pagano l e cure mediche oltre a tutto il resto

In Messico tantissime, cerco di tornarci appena possibile. In Guatemala, invece, appena arrivi ti spingono a socializzare il meno possibile. In I nghilterra sono sempre u n po' freddi.

Per sei m esi i n Guatemala ho v issuto a Quetzaltenango, Xela, una città nella quale la p resenza d i indigeni Q uiche and Cakchiquel è molto a lta. È s tata una delle esperienze più profonde della mia vita. Era u n ambiente surreale e f antastico, addirittura p er u n problema meteo per un certo periodo siamo stati isolati!

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freddi.

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fanciulla del popolo e maestosa matrona

Una città dai mille volti, ognuno specchio dell’altro.

Preparatevi a scoprire

un luogo dove il presente abbraccia

il passato in un valzer che non ha

mai fine.

Mettete da parte pregiudizi e timori ed immergetevi in uno dei gioielli del Mediterraneo, perché Catania vi cullerà con la sua materna dolcezza alla scoperta di un passato che esiste ancora, tra i vicoli, all’ombra dei palazzi nobiliari e negli occhi dei pupi siciliani appesi nelle botteghe, e sussurra a chi lo sa ascoltare. In Piazza del Duomo potrete visitare la meravigliosa Cattedrale di Sant’Agata e gustare un’ottima granita di mandorla o un cannolo alla ricotta sotto la proboscide del Liotru (un elefante in pietra lavica posto alla base di un obelisco in una fontana), simbolo della città. Sempre immersi nel barocco, la mattina troverete pesce freschissimo, accompagnati dal vociare dei pescivendoli. Risalendo per via Etnea, corso principale brulicante di negozi, potete arrivare in Piazza Università, monumentale sede del Municipio. Poco distante si trova Piazza Vincenzo Bellini, dove si erge imponente il Teatro Massimo Bellini, teatro d’Opera protagonista

di Maria Solinas [email protected]

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ENdella grande stagione aristocratica della città. Tutt’intorno a questa piazza si svolge la movida catanese notturna: locali grandi e piccoli, ristorantini di ogni tipo, librerie aperte fino a tardi, dove abitanti e studenti si incontrano per trascorrere piacevoli serate, in un luogo magico dove il freddo non arriva mai e si può sempre godere del cielo stellato. Risalendo ulteriormente per via Etnea vi trovate davanti a Villa Bellini, un gigantesco ed incantevole giardino dove poter fare una passeggiata nel verde. Poco lontano si trova la trafficata Piazza Stesicoro, dietro la quale ogni giorno prende vita il mercato più grande della città, folkloristico, colorato e fornito di prodotti di ogni genere (spesso a costi ridicoli). Un turista non può farsi mancare un

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giro serale in via Plebiscito, cuore antico della città (quasi una sua cintura), lungo la quale scoprirà innumerevoli ristoranti. Il piatto forte è la carne di cavallo, base per panini e polpette di dimensioni notevoli da gustare in compagnia. Altra via importante, bella da vedere ma faticosa da percorrere, è via Antonio di Sangiuliano, in ripida salita; in cima troneggia il suggestivo Monastero dei Benedettini, gioiello del barocco ora sede della facoltà di Lettere e Filosofia, che merita una visita. Se sceglierete di recarvi a Catania durante l’inverno, è consigliabile fermarsi in città dal tre al cinque febbraio, giorni della Festa di Sant’Agata, la “Santa Picciridda”, amatissima patrona della città. La processione è uno degli eventi più straordinari, caotici e solenni a cui potrete prendere parte. Se invece il periodo scelto per la vacanza è compreso tra maggio e settembre non può mancare un tuffo nel mare catanese: la Playa, lido sterminato e molto rumoroso è lo spiaggione della città, indicato anche di sera per la presenza di discoteche molto frequentate.

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I Pupi di Partinico e la tradizione della Famiglia di don Liberto Canino

La storia e la leggenda dei pupi siciliani è una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Si racconta che il puparo, don Liberto Canino, in una sua visita alla capitale del Regno, fu così attratto dall’arte presepiale da voler portare nella sua Sicilia l’estro degli artisti partenopei. La storia dei Borbone è strettamente collegata alla Sicilia e a Napoli. Fu proprio durante una visita di re Ferdinando a Partinico che il re s’innamorò del sito tanto da acquistare la dimora del Marchese della Gran Montagna dove fu costruita la Real Cantina Borbonica, oggi restaurata e sede del Museo delle tradizioni storiche, culturali ed agricole. Ed è qui che troviamo i “Pupi di Partinico”, rappresentati dagli ultimi pupari: Nino Canino, che alla veneranda età di 86 anni ancora va in scena con la sua possente voce e che ha la sua bottega nel cortile della Real Cantina insieme a quella di Vincenzo Garifo che, formato alla scuola dei Canino e vissuto senza padre dall’età di due anni, con le lacrime agli occhi ci dice che «la sua famiglia sono i pupi» e intanto ci mostra la sua collezione da Beatrice a Orlando ad Angelica a Carlo Magno. Egli possiede oltre 100 pupi di ottima fattura e continua a tenere spettacoli all’interno della struttura per le scolaresche e per gli amici e naturalmente per i turisti, perché l’amore per le storie cavalleresche lo sente nel sangue. Nino Canino nella sua attività è supportato egregiamente dalla figlia Laura, che

ci spiega la storia della famiglia, che parte da Don Liberto, il cui figlio Gaspare vendette nel 1948 la collezione storica al Museo delle Marionette di Palermo, per arrivare al nipote Nino che ancora si esibisce con i suoi pupi che cesellava personalmente fino a qualche anno fa, così da imprimergli sempre di più la forma umana. No dimentichiamo che il Teatro dell’Opera dei Pupi nel 2001 è stato riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità, a conferma di quanto la tradizione resta nel cuore della gente.

di Harry di [email protected]

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Parco Nazionale dell’Etna

il parco siciliano che si sviluppa intorno al

Vulcano più alto d’Europa

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IL PARCOIl Parco Nazionale dell’Etna è primo parco siciliano ad essere istituito con Decreto del Presidente della Regione Sicilia nel mese di marzo del 1987.Esteso per 59.000 ettari, il territorio è suddiviso in quattro zone. La prima, la zona A, è incontaminata, la natura per 19.000 ettari è conservata intatta, senza interventi importanti da parte dell’uomo. Poi c’è la zona B, 26.000 ettari divisi tra natura, appezzamenti agricoli e antiche case contadine. Infine le aree C e D sono quelle dove si evidenzia maggiormente la presenza dell’uomo, e dove tuttavia è mantenuto intatto il rispetto per l’ambiente e per il paesaggio.Il protagonista del parco, nonché centro del suo ecosistema, è il vulcano attivo più alto d’Europa: l’Etna.

Oltre all’aspetto prettamente naturalistico, il parco vanta una fitta rete di sentieri che si sviluppano su colate laviche, sia in mezzo ai boschi che in spazi privi di vegetazione, così da garantire escursioni mozzafiato senza danneggiare il territorio.

SCOPI La mission del parco consiste nella protezione e nella valorizzare dell’ambiente, unico nel suo genere, che circonda l’Etna e nella promozione dello sviluppo ecocompatibile della popolazione.

DOVE SI TROVASituato ne territorio della provincia di Catania, il parco comprende venti comuni: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, Sant’Alfio, Trecastagni, Viagrande e Zafferana Etnea.Dal 2005 l’Ente Parco dell’Etna ha stabilito la propria sede a Nicolosi, all’interno dell’ex monastero dei benedettini di San Nicolò La Rena, un edificio di grande importanza culturale e architettonica.

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IL VULCANOElemento centrale indiscusso di tutto il Parco è il Vulcano. Ne abbiamo parlato diffusamente nel numero 8 de La Pausa (VEDI ARTICOLO LA PAUSA N° 8) cui vi rimandiamo per un approfondimento.

FAUNADurante una passeggiata è possibile imbattersi in diversi animali come l’istrice, la donnola, la volpe, il gatto selvatico, la martora (VEDI ARTICOLO ANIMALI), il riccio e il ghiro. Moltissime sono le specie di pipistrelli e di uccelli che volano nel parco, tra cui la poiana, il gheppio, l’aquila reale, il barbagianni, l’assiolo, il gufo, l’allocco e il falco pellegrino.Nell’unico specchio d’acqua presente, il lago Gurrida, si possono ammirare aironi, anatre ed altri uccelli acquatici.Infine serpenti, ramarri e lucertole vivono nel

sottobosco insieme a grilli, cavallette, ragni, cicale, api e farfalle.

FLORALa vegetazione del Parco è molto varia ed abbondante, è soggetta a continui cambiamenti grazie al ruolo da protagonista ricoperto dall’Etna. Sulla sommità del vulcano la vegetazione è assente, ma a partire dai 2400 metri crescono diverse piante come la saponaria, l’astragalo siciliano, il tanaceto, la camomilla dell’Etna. Scendendo a 2000 metri si ergono il pino loricato e il faggio e ancora più in basso si mostra la meravigliosa ginestra dell’Etna.Nella parte collinare del vulcano si estendono i vigneti di Nerello, grazie ai quali si produce il vino Etna DOC. Inoltre a Bronte si coltivano i pistacchi, a Maletto le fragole, sul territorio le pere e le pesche di svariati tipi, oltre alla ciliegia rossa dell’Etna e a noci e noccioline.

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ALTRI PUNTI DI INTERESSEDa notare e visitare se si decide di avventurarsi nel Parco sono: • L’Osservatorio di Astrofisica di Catania, struttura di ricerca utilizzata da studiosi italiani e stranieri, dal 2000 fa parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. • La Grotta del Gelo, al cui interno la temperatura non supera mai i - 6°C, nemmeno d’estate!Si tratta di grotte a scorrimento lavico, all’interno del parco ce ne sono più di 200. • La Valle del Bove, un enorme catino sorto dal collasso dell’originario apparato craterico.La Banca e il Sentiero del Germoplasma, costruiti per la conservazione del patrimonio vegetale del parco. Tre ettari di parco che ospitano numerose specie di grande interesse naturalistico e agrario.

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La MartoraIl mammifero agile e sne

llo che si può

trovare anche vicino a casa

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CHI ÈLa martora è un mammifero di piccole dimensioni. Fa parte della famiglia Mustelidae, genere Martes e il nome scientifico linneano della specie è Martes martes. La durata della sua vita è di circa 15 anni.

COSA MANGIALa carne è il cibo preferito dalla martora: uccelli, roditori, lepri, conigli e scoiattoli sono le prede più cacciate. Ma l’alimentazione è condizionata inevitabilmente dalla disponibilità di cibo che offre l’habitat, infatti, nella dieta vengono integrati anche frutta, bacche e piccoli invertebrati. In Scozia, le martore raggiungono le rive del mare e si nutrono di granchi, molluschi ed echinodermi. Il numero delle martore presenti su un determinato territorio

è direttamente proporzionale alla quantità di prede disponibili, ad esempio: più abbondante è la quantità di roditori che si aggirano in una certa zona, altrettanto in crescita sarà il numero delle martore che la abitano. Prevalentemente sui rami degli alberi della foresta, la ricerca di cibo avviene sia di notte che di giorno: la martora è una cacciatrice instancabile!

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ENCOME È FATTAIl corpo è snello e allungato, le zampe sono corte, robuste e provviste di artigli, la testa è piccola, le orecchie triangolari e grandi e il muso appuntito. La coda è folta e la sua lunghezza varia dai 25 ai 30 cm, mentre il corpo può misurare dai 35 ai 55 cm di lunghezza. Queste dimensioni garantiscono agilità e stabilità e lo si può notare soprattutto dai movimenti che l’animale compie sugli alberi. Il pelo è folto e morbido e assume diverse tonalità di marrone, ma la peculiarità è la macchia color tuorlo d’uovo che copre gola e sottogola. La pelliccia è completamente fatta dopo il primo anno di età. Il peso va da 0,8 a 2 kg, ma le dimensioni cambiano a seconda della razza geografica e del sesso: il maschio ad esempio è più grande della femmina.

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COME SI RIPRODUCEIl periodo degli amori coincide con il cuore dell’estate, cioè tra luglio e agosto. La copulazione si compie sia sugli alberi che a terra. Dopo l’accoppiamento, l’uovo fecondato subisce un arresto di circa 7 o 8 mesi e in seguito avviene lo sviluppo embrionale in modo rapido, dai 27 ai 45 giorni. Le nascite si verificano nei mesi di marzo e aprile e solitamente vengono alla luce tre cuccioli, anche se è possibile che vengano partoriti fino a cinque piccoli. I neonati sono ciechi, il pelo che li ricopre è molto corto e pesano circa 30 grammi. Dopo un mese iniziano ad aprire gli occhi e a consumare cibo solido, mentre dopo tre mesi diventano indipendenti e non necessitano più delle cure della madre. La maturità sessuale viene raggiunta in estate, ma il primo accoppiamento si realizza al secondo o terzo anno di età.

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DOVE SI TROVAIn Europa e in Asia, dove i boschi e le foreste sono fitti. Preferisce boschi misti fino ai 2000 metri di altitudine e foreste secolari, ma in base alla posizione geografica occupata e alla quantità di cibo rimasta, la martora si spinge anche in ambienti più aperti e vicino agli allevamenti delle fattorie. In Italia è molto diffusa in collina e in montagna, anche se recenti ritrovamenti dimostrano che la presenza di martore è in aumento anche in pianura.

QUALI SONO LE SUE ABITUDINISolitaria e territoriale, la martora difende la zona occupata da qualsiasi intrusione. La femmina resta comunque più tollerante dal momento che al suo seguito ci sono i piccoli da accudire. Il maschio occupa e tiene sotto controllo un territorio più ampio, all’interno del quale possono vivere una o più femmine. In generale la martora si nasconde di giorno e gira per i boschi di notte. In un territorio occupato ci sono numerosi rifugi: nidi abbandonati, cavità naturali o scavate da altri animali sugli alberi e tane. La comunicazione tra martore avviene tramite il rilascio di odori, di solito come segno di marcatura del territorio. I piccoli, invece, comunicano con la madre attraverso squittii e uggiolii. Una curiosità che riguarda la martora è la propensione a masticare i tubi di gomma: in Svizzera viene considerata un animale pericoloso per le automobili che di notte restano parcheggiate all’aperto.

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PERCHÉ SE NE PARLALa martora è un animale che vive sul nostro territorio, è possibile vederla saltare tra i rami di un albero, in una foresta non lontano da casa. Nonostante al momento non sia una specie a rischio, le minacce provenienti dalla distruzione degli ambienti naturali a causa dei disboscamenti e di altri interventi dell’uomo fanno sì che nei riguardi della martora e della sua salvaguardia venga prestata una particolare attenzione.

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FILM

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Dopo anni di rumors, conferme e smentite è finalmente ufficiale l’uscita del quarto film della saga di Jurassic Park: nell’estate 2015 i dinosauri torneranno ad invadere gli schermi cinematografici.

“Per anni abbiamo cercato di riportare in vita qualcosa di unico. Un progetto così ambizioso che è durato più di vent’anni. Dove la InGen ha fallito, noi abbiamo trionfato, e alla fine abbiamo risposto con i fatti. La Masrani Corporation ti invita a scoprire il più ambizioso e incredibile parco a tema del mondo“. Inizia così il primo trailer di Jurassic World, il quarto film della saga iniziata nel 1993 con Jurassic Park. Molte cose sono cambiate: alla regia c’è Colin Trevorrow (Steven Spielberg resta come direttore esecutivo) ma soprattutto non c’è più Michael Crichton. Lo scrittore, autore del romanzo Jurassic Park, è

venuto a mancare nel 2009. Il decesso di Crichton aveva fatto sospendere il progetto che è ripreso solo nel 2011. Il primo trailer è stato distribuito in autunno mentre quello ufficiale è uscito il 23 novembre 2014. Come un parco vero e proprio, è stato ingente anche il lato promozionale: c’è il sito ufficiale della società che l’ha aperto, il sito del film con il trailer ufficiale e il sito del parco vero e proprio dove è possibile esplorare tutta l’isola e vedere le schede di tutti i dinosauri riportati in vita.Ma veniamo alla trama. Sono passati 22 anni ed il sogno dell’imprenditore John Hammond vede finalmente la luce: un parco a tema abitato da dinosauri ripescati dal passato in seguito a esperimenti genetici e incroci del DNA. Il nuovo proprietario si chiama Simon Masrani (Irrfan Khan, Vita di Pi) e la sua Masrani Corporation ha assorbito in toto la InGen di Hammond. Il parco ha avuto un successo incredibile ma nel 2015, a dieci anni dall’apertura, l’entusiasmo

di Nicola [email protected]

il parco è aperto

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del pubblico si sta esaurendo. Gli scienziati, capitanati dal dottor Henry Wu (BD Wong, Law & Order), creano così un nuovo tipo di dinosauro, un ibrido che sfugge al controllo del parco e getta nella confusione l’intera Isla Nublar, nonostante gli efficientissimi sistemi di sicurezza. Il compito di portare in salvo la situazione questa volta spetta a Owen (Chris Pratt, Guardiani della Galassia), aiutato da Claire (Bryce Dallas Howard, Spider-Man 3) e dal piccolo Gray (Ty Simpkins, Iron Man 3) mentre il ruolo del cattivo è svolto da Morton, il CFO della Masrani Corporation (Vincent D’Onofrio, The Judge). Nonostante gli anni, le linee cardine sono rispettate: ci sono i dinosauri, imponenti e maestosi, e c’è il disastro, con gli uomini braccati dagli animali, scene mozzafiato ed effetti speciali made in Hollywood. Insomma, gli amanti del mondo Giurassico e gli appassionati della saga non resteranno delusi.

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Quando amore non

mi riconosceraidi Luca Romeo

[email protected]

Vincenzo Di Mattia scrive con il cuore in mano nell’omaggio alla moglie Quando amore non mi riconoscerai, una storia intima e coinvolgente che mette la coppia di fronte a una delle più spietate malattie, l’Alzheimer.

Un uomo apre il frigorifero di casa, forse per cercare una birra fresca o una carota da usare per il soffritto, ma tra gli scaffali, confuso tra ortaggi e bevande, trova un rossetto. Il rossetto della moglie. È questo il momento chiave di Quando amore non mi riconoscerai, l’attimo in cui l’imprevedibile fa capolino nella quotidianità di una coppia e scombussola la loro vita come un ciclone.Già, perché Vincenzo Di Mattia - autore e protagonista del libro autobiografico - da quell’episodio comincerà a capire che qualcosa non va e che la sua consorte Silvana sta cominciando un duro cammino di convivenza con una malattia spietata, che agisce da dentro cancellando la memoria: l’Alzheimer. La storia descritta tra le pagine di questo volume, tuttavia, non sarà mai un lamento fine a se stesso, né una raccolta di maledizioni nei confronti del destino, al contrario: Di Mattia descrive ai lettori l’altro lato del mostro, il modo in cui lui, la moglie e la figlia Francesca lo combattono, giorno dopo

giorno. Ne nasce una lunga dichiarazione d’amore, che lo scrittore 82enne regala a Silvana, donna che in passato ha insegnato Storia Medievale all’università La Sapienza di Roma e che ora è condannata a perdere ogni nozione acquisita.«Dio ha cancellato il tuo pensiero, la tua intelligenza, il tuo saper fare e il tuo saper vivere. E ti vedo come un libro cancellato - scrive l’autore - io ti chiedo e tu non rispondi, tu vorresti dire ma non sai dire. Non c’è pensiero, non c’è parola, non c’è nesso». Dopo queste righe amare, il nesso Di Mattia lo trova in una sola direzione: l’amore. Sarà l’amore a mantenere unita la coppia (e la famiglia) durante la lotta alla malattia,

solo l’amore potrà dare la forza a Vincenzo per guardare in faccia la sorte e la vita con un sorriso.Lo stesso sorriso che ha convinto i lettori italiani, accorsi nelle librerie per procurarsi una copia di questo «miracolo di coraggio», questa testimonianza che è diventata un progetto familiare per Di Mattia e la figlia, che hanno cominciato a girare l’Italia per trasmettere la loro esperienza.Nato nel 1932, Vincenzo Di Mattia ha passato la vita a occuparsi di letteratura, ma da un diverso punto di vista, quello dello sceneggiatore. Per la Rai ha collaborato alla produzione di numerose trasposizioni di grandi classici sul piccolo schermo, oltre a essersi dedicato con costanza al teatro,

di cui è un autore affermato. Quando amore non mi riconoscerai si candida a essere il suo lavoro più maturo e completo, una sorta di occhio sul mondo per ribadire che l’amore può curare ogni male. Verrebbe da dire, anzi, che l’amore annulla il dolore e da questo non si può prescindere.

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I colori della vita

Una donna che si mette in gioco, che non si lascia sconfiggere dalle vicissitudini della vita, che non permette che i fatti e gli accadimenti le impediscano di alzare la testa e di volare. Maria Grazia Flebus è l’esempio vivente di chi ne ha passate tante, e di chi ha avuto il coraggio e la voglia di mettersi di fronte alla pagina bianca e di raccontare la sua esperienza.Le sue gioie, i suoi sentimenti, le sue emozioni non sempre entusiasmanti, i suoi errori, le sue risalite e le sue ricadute. Ha voluto raccontare tutto di sé: le persone importanti che ha incontrato, gli amori, il figlio, le soddisfazioni, le scommesse vinte, ma tutto partendo dai dolori, dalle cose sbagliate, dalle radici.Maria Grazia Flebus con I colori della vita ha voluto mettersi a nudo, mostrare la vera Maria Grazia, con le sue fragilità e con la sua voglia sempre di andare oltre. Perché la vita è scommettere su se stessi, e vincere!La vita è a colori, la vita è un insieme di sfumature che vanno colte con gli occhi giusti e allenati. E la capacità di vedere è data dall’apertura mentale che ognuno di noi sviluppa. Il libro è intriso anche di messaggi positivi, di concetti fondanti che possono essere la chiave di volta per trovare la via giusta.

Maria Grazia Flebus ci mostra il suo personale percorso, che può essere di ognuno. Lasciamoci guidare. Anche una scrittrice amica de La Pausa ha voluto regalarci le sue impressioni sul libro di Maria Grazia Flebus:I colori della vita è il bellissimo romanzo scritto da una donna che ha avuto il coraggio di raccontare le proprie vicissitudini.

L’autrice, Maria Grazia Flebus, rivela come molte volte, durante la sua esistenza, sia stata messa alla prova; è caduta spesso ma poi ha trovato la “forza” per rialzarsi, continuando a lottare, imparando ad affrontare con più grinta i problemi. Leggendo la sua storia, ho rivisto la mia…non ho smesso mai un giorno di combattere, ho sempre sentito dentro di me la forza e la fede che mi hanno aiutavano a superare i momenti più difficili. Penso che tutti siamo stati, in un modo o nell’altro, messi alla prova. Purtroppo ci sono persone che non riescono a reagire.Un libro come I colori della vita è molto appassionante da leggere,

perché insegna come fare per sentirci più sereni e felici, cercando di aiutare anche altre persone che sono nella nostra stessa condizione.La vita è ricca di emozioni, sentimenti e valori; l’autrice rappresenta la sua come un quadro composto da tanti colori, attribuendogli, per ogni giorno, un nuovo significato. Katia Belloni

di Rachele Donati De Conti

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back to the rock MUSELI

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Dopo The 2nd Law (2012) e il lavoro dal vivo Live at Rome Olympic Stadium (2013) i Muse sono pronti a tornare sulla scena musicale con un nuovo album, sicuramente più vicino agli stili classici della band britannica.

Uscirà nel 2015 il nuovo e tanto atteso album dei Muse. Non si conoscono ancora titolo, tracklist e copertina (la fase di brainstorming è infatti ancora allo stadio poco più che embrionale), ma è orami appurato che Matthew Bellamy & Co siano alle prese con il nuovo materiale in sala di registrazione. L’annuncio era stato dato dagli stessi membri della band, con qualche anticipazione sul sound che caratterizzerà il nuovo disco:

“L’industria musicale si muove così velocemente, non te ne accorgi nemmeno... Non credo che saremo pronti a pubblicare un nuovo disco fino al 2015 o giù di lì, e credo che fino a quel tempo controlleremo quando valga la pena rilasciarlo, ragionandoci bene, perché le cose cambiano davvero velocemente (...) Negli ultimi due album, abbiamo cambiato direzione rispetto agli strumenti del passato. Ci siamo concentrati su sintetizzatori, drum machine e varia roba elettronica. Mi sento di dire che in questo nuovo lavoro vireremo nuovamente verso i nostri strumenti: chitarra, basso e batteria. Sarà quindi un disco più grezzo e decisamente più rock, direi”.

di Gianmarco Soldi

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Ad aumentare l’attesa da parte dei fan è arrivato poche settimane dopo il tweet enigmatico del batterista Dom Howard: “Seven day countdown to album number seven”. Sembrava la dichiarazione del rilascio pressoché imminente del settimo lavoro della band inglese ma, in realtà, la data coincideva con l’inizio ufficiale delle prime incisioni. A seguito di un susseguirsi frenetico di reazioni sul web e anticipazioni più o meno ufficiose, sul profilo Instagram della band sono apparsi scatti che ritraggono i membri coinvolti e filmati nel bel mezzo dello sessioni di registrazione. Bellamy, abbandonata ogni remora, ha inoltre parlato di alcuni temi trattati nel loro settimo disco: “Ecologia profonda, empatia e la Terza guerra mondiale. Sarà inoltre caratterizzato da assoli di chitarra”.Dopo gli esperimenti sinfonici ed elettronici di Resistance e The 2nd Law, il terzetto inglese sembra infatti puntare verso un ritorno alle

origini, con un mix di crudo rock ed arrangiamenti minimal come quelli che hanno reso famoso in tutto il mondo il brand Muse. Se sarà un disco più simile a Showbiz o ad Origin of Symmetry sarà solo il tempo a svelarlo, ma l’intenzione di rivivere il mood originario di quegli anni sembra alimentare un fuco d’entusiasmo sia per i fan che per la stessa band, probabilmente un po’ a corto di ossigeno negli ultimi due album. Non ci resta che aspettare.

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Saldi Saldi Saldidate e regole utili per tutti

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Stiamo ancora stappando lo spumante di capodanno e partono i saldi invernali.I saldi dell’inverno 2015, infatti, iniziano il 2 o il 5 gennaio. Per questo rimandiamo alla tabella dove trovate sia la data di avvio sia quella degli stop per ogni regione.Ai nastri di partenza troviamo Basilicata e Campania che, tradizionalmente, iniziano i saldi il secondo giorno dell’anno. Per tutti gli altri (ad eccezione delle province autonome trentine) si inizia il primo giorno feriale precedente l’epifania.Ricordiamo le regole che normano i saldi, spesso sottolineate, ma è sempre meglio tenere bene a mente i confini entro cui si possono muovere i commercianti.Per quanto riguarda i prezzi vige l’obbligo di esporre tre indicazioni: il prezzo iniziale cui era venduto il capo prima dei saldi, lo sconto espresso in percentuale e il prezzo finale scontato.Il pagamento può essere effettuato con le carte di credito o i bancomat se è esposto il logo di ogni compagnia.

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Non è possibile applicare una maggiorazione sul pagamento. Recentemente è stato introdotto l’obbligo per gli esercenti di offrire il metodo di pagamento elettronico per importi superiori ai 30 euro.Il cambio deve essere esplicitamente autorizzato dal commerciante, che può essere obbligato solo se il prodotto è danneggiato o non conforme entro due mesi dall’acquisto e a fronte della presentazione dello scontrino fiscale.I prodotti devono essere stagionali o di moda – spesso si trovano modelli che sono veri e propri fondi di magazzino – ed i capi non inclusi nei saldi devono avere una chiara indicazione dell’esclusione dalla promozione.

Per essere consumatori informati meglio attivarsi per tempo: ad esempio è meglio controllare i prezzi prima che inizi la stagione dei saldi, per evitare strane fluttuazioni. Confrontare la coerenza tra prezzo iniziale, percentuale di sconto e prezzo finale. Infine avere cura di conservare lo scontrino: in caso riscontraste un difetto o una non conformità entro due mesi dall’acquisto avrete diritto al reso o al rimborso.Tenete d’occhio anche la rete: i saldi partono anche on line dove le offerte sono solitamente più vantaggiose. Infine il consiglio per antonomasia: muoversi i primi giorni dei saldi perché, con il passare del tempo, il rischio è quello di non trovare più modelli, colori e taglie.

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Oscar Wilde diceva: “I grandi amori nascono dai litigi”.

Ma vale anche per le auto o, almeno, per certe auto.

Ferruccio Lamborghini, famoso costruttore di trattori agricoli, era un appassionato di Ferrari, ne possedeva tre. E le guidava in modo sportivo, infatti spesso le frizioni cedevano davanti ai maltrattamenti del focoso industriale. Di questo, a Maranello, un giorno si lamentò con il Commendatore. Apriti cielo! Enzo Ferrari, focoso quanto lui, se ne infuriò e cacciò Lamborghini dalla sua fabbrica, come qualche anno dopo fece con il presidente Pertini, reo di essersi presentato ad omaggiarlo a bordo di una Maserati.Ma l’invito fatto da Ferrari a Ferruccio Lamborghini di occuparsi solo di macchine agricole, rese anche quest’ultimo furioso, il quale gli promise di costruire una macchina migliore delle sue.

Così “comprò” i migliori tecnici dell’epoca, gente del calibro di Marcello Gandini e Giotto Bizzarrini. Dopo un timido tentativo (di successo) con la 350 GT, stupì il mondo con uno dei capolavori assoluti dell’auto: la P400 Miura.Motore centrale, come le auto da corsa, motore a 12 cilindri a V alimentato da una batteria di sei carburatori doppio corpo, come la Ferrari. Il tutto per un risultato tecnico da capogiro: 350 cavalli (poi lievitati fino a 385 ed a 440 con la Miura Jota) ed una velocità massima di oltre 280 all’ora. Che poi arrivò a oltre 300.Ma fu la sua linea che, il giorno della presentazione al Salone di Ginevra del ‘66, fece davvero girare la testa agli appassionati. Bassa, slanciata come nessun’altra e aggressiva come un predatore marino. In più arricchita da innovativi particolari stilistici come la griglia ad alette orizzontali che copriva il lunotto posteriore, ma che lasciava inalterata la visuale del retrovisore.

di Maurizio Gussoni [email protected]

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I fari anteriori a palpebra a sollevamento elettrico contornati da curiose “ciglia”, i cofani ad apertura totale, come la Ford GT40 da competizione. E poi, due posti secchi ed un abitacolo in stile aeronautico, con cockpit e batteria di interruttori a tetto. Cambio con griglia metallica per l’inserimento delle marce. E tanto altro, per ottenere un concentrato di cattiveria ed elegante aggressività che, ancora oggi, nessuna vettura ha saputo raggiungere. Il tutto abbinato a colori rivoluzionari come l’arancione o il giallo canarino.La Miura era corta, infatti il 12V era (caso più unico che raro) montato trasversalmente con il cambio in cascata. Il risultato era una distribuzione dei pesi ottimale, nulla a che vedere con le eleganti GT dell’epoca di razza italiana (Ferrari 330 GTC, Maserati Ghibli). Lontana anni luce dalle antidiluviane ed inutilmente boriose GT di razza britannica (come le Jaguar

Type E o le arcaiche Aston Martin). Su un altro universo se paragonata alle finte sportive USA, come la Corvette Stingray, lenta ed instabile in velocità, sicura solo da ferma.Una rivoluzione culturale su quattro ruote che prese il cuore dei ricchi industriali degli Anni ‘60 (la Miura, dopo tre versioni e 764 esemplari, cessò la produzione nel 1973).Ma che conquistò anche una miriade di rampolli e di playboy professionisti dell’alta società. Che parcheggiavano la Miura in Costa Azzurra e davanti alle discoteche modaiole del Bel Paese, facendola così diventare parte dell’arredamento esterno della Bussola e della Capannina di Forte o del Jackie O’ della Capitale.Certo guidare “forte” una Miura non era un problema solo di quattrini, ma specialmente di capacità. Il motore aveva una coppia scorbutica ed a basso numero di giri si imballava e scarburava. Tenere a bada i 350 cavalli in curva

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richiedeva una sensibilità di guida notevole, pena una sovrasterzo da cardiopalma. In più i freni, non servoassistiti, richiedevano uno sforzo al pedale da camionista.Ma le sportive, una volta, erano vere sportive per veri uomini. Per questo una buona parte dei clienti della mitica Miura, alla fine, la usarono più per “rimorchiare” che per scorrazzare. E rimorchiavano, tanto.Oggi una Miura vale almeno 6/700.000 euro. Una Miura S anche duecentomila in più. Una SV può tranquillamente superare il milione.Ma per un italiano un’auto come questa non dovrebbe avere prezzo. Infatti non bastano le ricchezze di Paperon De Paperoni per ricomprare quello che nei decenni abbiamo in gran parte perso: il prestigio che allora ci davano le Ferrari, le Maserati, le Lamborghini, ma pure le Alfa e le Lancia. Un prestigio che derivava dalla matematica certezza che nessuno al mondo poteva riuscire a concepire auto belle e fascinose come le nostre.Intanto, da lassù, Ferruccio Lamborghini certamente se la ride e continua a litigare con Enzo Ferrari. Forse non sarà riuscito del tutto a fare delle auto migliori di quelle del Cavallino, ma una più bella certamente sì. La Miura.

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Il calcio parla tedesco, Hamilton e Marquez dominano i motori, Djokovic è il numero uno del tennis, Cristiano Ronaldo l’atleta-simbolo di una generazione. Gli ultimi dodici mesi di sport hanno offerto verdetti, imprese ed emozioni: riassaporiamoli nel classificone di fine anno attraverso i dieci momenti che hanno fatto la storia del 2014.

IL RECORDIn un anno privo di grandi palcoscenici per lo sprint, la copertina dell’atletica va alla Maratona con il nuovo record mondiale firmato da Dennis Kimetto. Il fondista keniota firma la miglior prestazione di sempre sui 42 chilometri nel primo autunno di Berlino (28 settembre), superando il record precedente di Wilson Kipsang con un cambio di marcia al km 38. Filippide ha un nuovo erede.

IL RITORNO DEL REDomenica 23 novembre Roger Federer chiude il cerchio alzando l’unico trofeo ancora assente nella vasta collezione personale, la Coppa Davis. Bloccato pochi giorni prima alla schiena alla vigilia della finale dei Masters, Roger risorge e

corona l’anno del suo ritorno ad altissimi livelli conducendo la piccola Svizzera allo storico trionfo sulla Francia. Gli elvetici vincono 3-1 nello stadio di calcio del Lille, il “Pierre Mauroy” a Villeneuve d’Ascq, riempito di terra rossa e davanti a un pubblico assoluto per il tennis: 27.448 paganti. Federer non è ancora un pezzo da museo.

LA RIVINCITAQuando sbarca a Sochi, la bella Tina Maze pare la gemella scarsa della formidabile sciatrice iridata nel 2013. La slovena scalda gli sci con la “medaglia di legno” nella supercombinata olimpica e dopo 10 mesi senza vittorie sembra l’inizio della fine. Proprio mentre gli incubi di Vancouver 2010 sembrano materializzarsi di nuovo, però, la Maze ritrova se stessa e scalda i Giochi di Putin con una doppia impresa: oro nel gigante e oro in discesa (13 febbraio) ex aequo con la svizzera Gisin, cosa mai successa in mezzo secolo di sci alpino alle Olimpiadi. Citando Into the Wild, “Happiness is real only when shared”.

IL PIÙ VELOCEGlam come Hunt, competitivo come Lauda, aggressivo come Mansell, coraggioso come

di Gianluca [email protected]

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Senna, dominante come Schumacher. Lewis Hamilton, tornato sul trono della F1 in Mercedes dopo il primo titolo con la McLaren nel 2008, evoca i grandi del passato, ma è speciale perché alla fine è fieramente se stesso. Solo Hamilton, primo iridato di colore nel circus bianco e aristocratico della Formula 1, l’ultimo pilota veramente vibrante in una Formula 1 sempre più ovvia e monotona. Sull’asfalto nobile di Monza (7 settembre) la gara-simbolo della stagione: con le Ferrari totalmente impotenti, la corsa è un affare a due tra Lewis e il compagno-nemico di scuderia Nico Rosberg, che parte meglio e si porta al comando. Al giro 29 Rosberg si distrae un attimo, Hamilton sorpassa e tiene il comando fino al traguardo. Ad Abu Dhabi la consegna ufficiale del titolo.

LA MULTINAZIONALEI San Antonio Spurs interrompono l’egemonia di Miami piegando LeBron James 104-87 in gara-5 delle Finals (6 giugno). In Italia i titoli dei giornali sono tutti per lo sbarco sulla luna dell’ambasciatore azzurro

Marco Belinelli, 28 anni, bolognese di San Giovanni in Persiceto, primo italiano a vincere l’anello del basket americano dopo 7 anni in NBA. Entrato in un momento di grande difficoltà per gli Spurs, Belinelli piazza il canestro che rovescia la gara, portando i texani al controllo totale del match nel giro di un quarto d’ora. In panchina, Gregg Popovich; in campo, la squadra-manifesto della nuova NBA aperta al mondo con francesi, brasiliani, argentini, australiani e canadesi. Tre i grandi senatori, tutti uomini-chiave nella conquista del titolo: Tim Duncan, Manu Ginobili e Tony Parker.

IN DOPPIA CIFRASabato 24 maggio, Lisbona. In vantaggio con Godìn su gentile omaggio di Iker Casillas, l’Atletico Madrid della garra proletaria e di Simeone accarezza l’impresa più clamorosa:

piegare il nobile Real e sovvertire le gerarchie del calcio europeo. La zuccata di Sergio Ramos ribalta tutto all’ultimo respiro. L’Atletico crolla nei drammatici supplementari, mentre il Madrid dilaga con i gol di Bale, Marcelo e Cristiano Ronaldo (capocannoniere del torneo con la cifra mostruosa di 17 gol), che mostra trionfale i muscoli alle televisioni. Foraggiati dal quinquennio di spese folli di Florentino Perez, i blancos vanno in cifra tonda sollevando al cielo la tanto inseguita Dècima. Una lezione: nel

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calcio di vertice, oggi, vince sempre la legge dei soldi. E del più forte. Se Ronaldo è il superatleta più celebrato, c’è dell’Italia anche nel trionfo del Real con la gestione sapiente di Carlo Ancelotti, portatore di pace ed equilibrio dopo le sfibranti guerre di religione del triennio targato Mourinho.

LA DINASTIADue fratelli in cima al mondo. Accade nel motomondiale, dove Marc Marquez si conferma padrone assoluto della Moto GP e il fratellino Alex completa l’en plein in famiglia laureandosi campione in Moto 3 (9 novembre). Pochi

giorni più tardi, per l’orgoglio di mamma e papà, i Marquez vengo ricevuti da re Filippo VI a Palazzo della Zarzuela, a Madrid. Dopo il titolo a sorpresa vinto da rivelazione nel 2013, Marquez si era ripetuto laureandosi campione su Honda – al Gp di Giappone – a metà ottobre con tre gare d’anticipo dopo una cavalcata senza avversari. In attesa che il filotto si allunghi Alex, classe ‘96, ha già lanciato la sfida per il futuro: “Voglio sfidarlo in Moto GP”. Sarà spettacolo.

MONSIEUR NIBALÌ Mentre è ancora aperta la ferita per l’imbarazzante eliminazione degli Azzurri ai Mondiali di calcio, lo sport italiano sprofondato nella crisi riscopre

la passione pedalando con Vincenzo Nibali sulle strade del Tour de France. Sedici anni dopo Pantani, il corridore siciliano si eleva allo stato di fuoriclasse sfilando in maglia gialla sui Campi Elisi (27 luglio) dopo le imprese sui Vosgi, sulle Alpi e sui Pirenei. Un trionfo totale. Sul

pavè e in salita. Nelle foreste e sulle montagne. Nel gruppo e in fuga. Con Contador subito costretto al ritiro, Nibalì umilia Froome e vince da padrone su Peraud e Pinot, celebrato da Renzi e da Napolitano, invidiato dai francesi, amato da tutti per la semplicità da ragazzo del Sud che non lo abbandona nemmeno al massimo della gloria. Lo Squalo chiude la tripletta Vuelta (2010)-Giro (2013)-Tour (2014) e diventa un eroe nazionale. Il campione del ciclismo, il campione degli italiani.

IO SONO LEGGENDAMentre nelle librerie spopola il libro-autobiografia nel quale svela i segreti del suo benessere psico-fisico, Novak Djokovic scala il ranking ATP vincendo il secondo Wimbledon della sua carriera (6 luglio). Nole, all’apice della propria forza, piega un grande Roger Federer in coda a una finale epica: Federer vince il primo set dopo aver salvato 2 set point, Nole domina il secondo e vince al tie-break il terzo nonostante un Federer ingiocabile al servizio (4 punti persi in 6 turni di battuta). Sembra finita quando Nole sale 5-2 al quarto: sul 5-3 il serbo serve per il match ma Federer si ribella e sul 5-4 matchpoint per Nole, salva con un ace e l’aiuto del Falco per arrivare al miracoloso tie-break, e quindi al quinto set, sotto la spinta del pubblico tutto per lui. Sul 3-3 set decisivo, Federer si procura una palla break, ma non riesce a rispondere. Nole ne manca 3, ma quando lo svizzero serve per restare nel match commette quattro errori fatali.

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IL MINEIRAZOAtletica, motori, Real Madrid, ciclismo, tennis. Tutto straordinario. Ma il 2014 è stato l’anno dei Mondiali di calcio e l’immagine più forte che resta del torneo è quella del Brasile in lacrime, travolto dalla forza della Germania nella surreale semifinale di Belo Horizonte (8 luglio). Se nel ‘50 era stato “Maracanazo” per la tragica finale persa a Rio con l’Uruguay, l’umiliante 1-7 incassato davanti ai propri tifosi nel Mondiale casalingo diventa presto il “Mineirazo”, la partita più commentata della storia su Twitter, la disfatta più clamorosa, la linea di demarcazione tra il vecchio Brasile glorioso, padrone assoluto del calcio nel Novecento, e quello smarrito del Duemila, specchio non solo di un paese che fatica a liberarsi da una povertà da Terzo Mondo, ma anche di un movimento orfano dell’antica

magia, saccheggiato dall’esportazione di giovani calciatori verso il Vecchio Continente. Alla disgregazione del Brasile come grande paese di calcio, subentra la Germania dell’organizzazione e dell’efficienza, che dopo aver abbattuto i padroni di casa solleva la Coppa del Mondo a Rio de Janiero piegando l’Argentina ai supplementari con il gol di Gotze. I tedeschi vincono con una nazionale mista e piena di energia, allineando la tradizionale forza teutonica ai nuovi caratteri dei figli della grande immigrazione. Governano il gioco con il possesso palla e non prendono praticamente mai gol, difesi alle spalle dal gigantesco Neuer. Più che i singoli, però, nella Germania è il collettivo a trionfare. E il Brasile a decadere, con un tonfo che resterà nella memoria.

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Battaglie senza esclusione di colpi

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Una gara di hockey immersi in una piscina e una partita con un pallone che dura ininterrottamente per un giorno intero: andiamo a scoprire due sport molto particolari.

Prendendo spunto dagli sport alternativi presentati sullo scorso numero proponiamo stavolta la loro fusione: l’hockey subacqueo.Nato nel 1954 a Southsea in Inghilterra e conosciuto nei paesi anglofoni anche come Octopush, si tratta di uno sport di squadra (6vs6) che necessita una buona acquaticità e tecnica. Sviluppatosi nelle ex colonie britanniche quali Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa, negli anni Ottanta è giunto nel continente europeo e in quello americano, mentre ha fatto la sua comparsa sul suolo italico soltanto nel 1997.L’attrezzatura richiesta è un misto fra quella per le immersioni e quella da hockey: pinne, maschera, boccaglio, calotta da pallanuoto, un guanto di silicone o lattice, una mazza di legno

con caratteristiche specifiche e un dischetto di metallo rivestito in plastica.Il campo di gioco è una normalissima piscina delle dimensioni di 25x12-15 metri, con una profondità che può variare tra 1,8 e 3 metri. Sul fondo della vasca, alle due estremità, vengono adagiate due porte della larghezza di tre metri l’una.Le partite sono divise in due tempi da 15 minuti ciascuno e ogni squadra conta dieci giocatori, di cui sei in vasca e quattro riserve pronte per i cambi volanti. I direttori di gara sono tre: due immersi in acqua che hanno il compito di segnalare ogni eventuale infrazione all’arbitro a bordo vasca, che a sua volta deve interrompere il gioco tramite un pulsante che attiva un segnale sonoro.Scopo del gioco è segnare nella porta avversaria, superando i giocatori dell’altra squadra rimanendo in apnea: ogni volta che si risale per prendere aria non si viene considerati parte attiva dell’azione per tutto il tempo trascorso non immersi.Il secondo sport alternativo che presentiamo non ha niente a che vedere con l’acqua, ma più con le feste: il Martedì Grasso e il Mercoledì delle Ceneri si svolge ogni anno nella cittadina di Ashbourne (Derbyshire, Inghilterra) il tradizionale match di Royal Shrovetide Football. Si hanno testimonianze di partite di Shrovetide in Inghilterra fin dall’epoca di Enrico

di Simone [email protected]

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II (seconda metà del XII secolo) e in particolare del match di Ashbourne (conosciuto anche col nome di hugball) dal 1667.Non si hanno tuttavia notizie certe sulla nascita del gioco: si pensa che, inizialmente, la palla utilizzata fosse una testa mozzata in seguito all’esecuzione di qualche sventurato. Si ritiene che il termine “derby” utilizzato per indicare la partita tra due squadre della medesima città o zona provenga proprio dalle partite di RSF tra città della contea di Derby.Per quanto riguarda la partita di Ashbourne, la città si divide letteralmente in due squadre per tutta la durata della disputa: gli Up’Ards e i Down’Ards si fronteggiano gli uni contro gli altri, con lo scopo di portare il pallone in un punto determinato della “parte avversaria” della città. Quando ciò avviene la partita può considerarsi conclusa.La palla può essere calciata, lanciata, trasportata, anche se generalmente l’azione si svolge con le due parti “abbracciate” (da qui la denominazione hugball), stile gigantesca mischia di rugby. La palla utilizzata è leggermente più grande di un normale pallone da calcio, e viene riempita di sughero portoghese per supportarne il galleggiamento nel fiume (dove inevitabilmente finisce in ogni partita).L’azione di gioco si svolge ininterrottamente tra le 2 di notte del Martedì Grasso e le 22 di sera del

Mercoledì delle Ceneri. Se il gol viene segnato prima delle 5 di mattina viene rimesso in gioco un nuovo pallone e la disputa continua (negli ultimi dieci anni la contesa è spesso terminata in pareggio).Le regole sono poche e semplici:- è severamente vietato compiere omicidio (se questa regola viene specificata un motivo ci sarà);- la palla non può essere trasportata con veicolo a motore né nascosta;- cimiteri, sagrati e giardini commemorativi sono off-limits;- perché il gol venga convalidato la palla deve essere picchiata 3 volte nell’apposita zona.Sicuri di avervi incuriositi non vi resta che prenotare volo e soggiorno nelle giuste date in quel di Ashbourne, armati di voglia di prendere un sacco di botte.

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Sono passate le vacanze di Natale da pochi giorni e stiamo già contando i chili di troppo. Che fare? Eccovi tre regole fondamentali per tornare velocemente in forma.1. Scegliete una dieta preventiva sana e funzionale.Abbondate con le verdure e la frutta di stagione (agrumi, kiwi, frutti di bosco, cavoli, cime di rapa e broccoli) e diminuite le quantità di carboidrati.2. Cercate di bere acqua e tisane, vi aiuteranno nel processo di depurazione.3. Fate attività fisica! Potrebbe essere il momento giusto per iscriversi in palestra, per imparare a nuotare oppure per mettersi un paio di scarpe da ginnastica e cominciare a correre. Ma poi ci si scontra con la dura realtà... Giornate lavorative infinite, pioggia e freddo, impegni familiari e così molti di noi cedono alla pigrizia che ci ancora al divano e rimandiamo ad altri tempi l’inizio dell’attività fisica.Per tutti è arrivato dagli Stati Uniti un nuovo programma di allenamento di 20 minuti perfetto da fare a casa, si chiama HIIT ed è un lavoro ad intervalli che in poco tempo fa perdere peso e tonifica il corpo.

HIIT acronimo di High Intensity Interval Training è un metodo di allenamento che alterna brevi periodi ad alta intensità di lavoro con periodi di recupero. Una seduta può durare dai 10 ai 20 minuti e prevede una fase di riscaldamento, una parte centrale di esercizi intensi ripetuti per 4/6 volte intervallati da momenti di recupero e da una fase finale di defaticamento e stretching.Studi recenti dimostrano che la pratica delle HIIT generi un dispendio calorico elevato, velocizzi il metabolismo nelle ore successive all’allenamento e migliori la funzionalità cardiaca.Vista l’intensità degli esercizi è opportuno chiedere al proprio medico di base se si è idonei per tale attività, oppure sottoporsi ad una visita medico sportiva per conoscere i propri limiti.Prima di proporvi qualche esercizio è bene sapere che lo sforzo compiuto durante gli esercizi deve essere corretto per il vostro corpo, per il vostro stato di salute e per le vostre abilità.Generalmente ci si affida alla scala di Borg per valutare lo sforzo. La scala è composta da 10 livelli, lo 0 corrisponde a nessuno sforzo e il 10 a massimo sforzo. Nelle pratica delle HIIT dobbiamo lavorare ad un livello 8, intenso ma che ci permette di mantenere una normale conversazione.

di Laura [email protected]

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Cominciamo a lavorare! 0.RISCALDAMENTO10 minutiCorrere sul tapis roulant oppure cyclette oppure corsa sul posto per 8 minuti.Mobilizzazione articolare di caviglie ginocchia schiena spalle.

1.CRUNCH4 serie da 20 ripetizioni con un recupero di 30 secondi tra una serie e l’altra.Il crunch è il movimento base per gli addominali.Supini con le gambe flesse, i piedi a terra e le mani dietro la nuca.Sollevare le spalle cercando di contrarre gli addominali, espirare nella fase di salita ed inspirare nella fase di discesa.

2.SQUAT4 serie da 15 ripetizioni con un recupero di 20 secondi tra una serie e l’altra.Ottimo esercizio per far lavorare gambe e glutei.In posizione eretta posizionare i talloni ad una larghezza leggermente superiore a quella delle spalle, eseguire un piegamento sulle gambe mettendo in tensione i muscoli femorali e prestando attenzione a non superare con le

ginocchia la punta dei piedi. Scendere fino a quando le cosce sono parallele al terreno. Raggiunta la posizione spingere con forza sui talloni e risalire lentamente.

3.PUSH UP 4 serie da 15 ripetizioni con un recupero di 30 secondi tra una serie e l’altra.Esercizio utilizzato per la tonificazione degli arti superiori.Proni con le mani appoggiate a terra con larghezza superiore a quella delle spalle, avampiedi appoggiati a terra e piedi divaricati, tronco nuca e bacino sulla stessa linea. Stendere le braccia per sollevare il corpo da terra e piegandole tornare nella posizione iniziale. Per chi ha difficoltà ad eseguire l’esercizio può optare per la versione facilitata appoggiando le ginocchia a terra in maniera tale da caricare meno sia sugli arti inferiori che sul tronco.

4.STRETCHING Eseguire 5/10 minuti di stretching.

Potete allenarvi con le HIIT 3-4 volte a settimana variando gli esercizi e i gruppi muscolari.

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L’importanza dello sport durante l'adolescenza:

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Cos’è lo sport? “Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”. Carta Europea dello Sport (Consiglio d’Europa, 1992) Le discipline motorie rappresentano ottimi contesti per la promozione nei partecipanti della conoscenza di se stessi e del mondo, di un buon controllo emotivo, di una buona adattabilità, di soddisfacenti capacità di socializzazione, di maggiore tolleranza alle frustrazioni e di un valido senso di auto-efficacia, per dire sempre: “Sì, io posso farcela”.Per vivere serenamente lo sport, oltre che di una passione o di un interesse personale (motivazione intrinseca) per la disciplina sportiva, è anche importante avere vicino dei tecnici preparati e predisposti all’educazione.

Allenare ed educare i giovani allo sport non è un compito semplice, occorre che il tecnico sia in grado di miscelare qualità tecniche, tattiche, educative e comunicative, tenendo sempre in considerazione le fasce d’età cui si rivolge.La Carta dei diritti del Giovane Sportivo della Commissione sul Tempo Libero (approvata dall’ONU-Ginevra) prevede i seguenti diritti fondamentali che dovrebbero caratterizzare lo sport in età evolutiva: •divertirsi e giocare; •beneficiare di un ambiente sano; •essere circondato e allenato da persone competenti; •seguire allenamenti adeguati alle proprie capacità; •misurarsi con bambini che abbiano le sue stesse possibilità di successo; •partecipare a competizioni adeguate all’età; •praticare sport in assoluta sicurezza; •avere i giusti ritmi di riposo.Si parla di: •gioco libero fino agli 8 anni; •gioco di regole dagli 8 agli 11/12 anni; •sport inteso in senso lato dopo i 12 anni.

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Da alcuni ricercatori è stata riscontrata una forte correlazione tra l’elevato numero di infortuni cui andavano soggetti certi bambini ed il livello di pressione competitiva che era esercitato su di loro da tecnici e genitori. Infortunarsi è spesso l’unico modo (inconscio) a disposizione dei baby-campioni per sottrarsi alle elevate richieste prestative che giungono loro dal mondo degli adulti.Gli allenatori preferiti dai ragazzi sono quelli che: •rinforzano la prestazione; •incoraggiano dopo un errore e danno indicazioni tecniche; •sono organizzati, preparati e competenti; •rappresentano una base sicura (non iperprotezione né permissività); •utilizzano uno stile autorevole (nè autoritario né del lasciar fare).Piuttosto che rilevare continuamente l’errore del ragazzo è più efficace mostrare il comportamento corretto, così da offrire un chiaro modello di riferimento (feedback).Piuttosto che evidenziare le mancanze, sottolineare i comportamenti positivi: “Bravo”, “Gran colpo di testa”, “Bene, hai fatto esattamente come volevo”.Valorizzare ogni progresso per aumentare l’autostima.

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Lo sport nell’adolescenza offre diversi vantaggi: •permette ai giovavi di uscire dal pericolo dell’isolamento per mezzo di attività operative e ludiche •offre la possibilità di misurare le proprie capacità di autocontrollo; •sfidare gli ostacoli; •confrontarsi serenamente con i propri limiti.Dunque, è un elemento importante per la costruzione di sé e per la prevenzione rispetto all’assunzione di comportamenti patologici.L’utilità dello sport nell’adolescente può essere osservata sotto diversi aspetti: 1.risponde all’esigenza di divertimento e offre l’occasione di utilizzare una grande carica di energia 2.permette di scaricare la tensione dovuta allo stato di stress che caratterizza questa fase di sviluppo 3.insegna a conoscere il proprio corpo, favorendo anche l’acquisizione del senso della realtà;

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4.indirizza verso la gestione dello spirito di competizione incanalandolo verso obiettivi precisi, e migliora così anche la tenacia nel perseguire le mete poste; 5.favorisce lo sviluppo dell’intuito e delle capacità cognitive, grazie anche alle richieste di rapido adattamento alle situazioni, sviluppando come conseguenza la sicurezza nelle proprie capacità; 6.soddisfa il bisogno di autonomia dalla famiglia. Nella figura dell’allenatore e dei compagni più anziani vengono ricreate le immagini rassicuranti e idealizzate della famiglia, e viene raggiunta la possibilità di un’alternativa affettiva nella quale sono riconosciute rispetto alla famiglia una maggiore indipendenza ed una più sicura identità.Nell’ottica di un completo sviluppo psico-fisico è perciò consigliata una corretta attività fisica nel periodo adolescenziale.

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Nozze d’argento per

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La celeberrima saga della Lucas Arts debuttava nel lontano 1990 con The Secret of Monkey Island. Dopo 25 anni con nuovi capitoli, adattamenti e proprietari – il progetto è ora in mano alla Telltale Games – il marchio resta un must per gli appassionati, la vetta più alta raggiunta dalle avventure grafiche.

Anno 1990: il personal computer entra nelle prime case, l’internet domestico è ancora un lontano miraggio e la giovane industria videoludica è sopravvissuta con difficoltà alla crisi del 1983. La LucasFilm Games nata nel 1982 cambia nome in LucasArts e lancia The Secret of Monkey Island. Il genio di George Lucas l’aveva vista lunga, puntando su un genere del tutto nuovo nel mondo dei videogiochi: l’avventura grafica. In questo tipo di gioco – tradotto un po’ banalmente in “punta e clicca” – si utilizza solo

il mouse, con cui si muove un personaggio che interagisce con il mondo circostante in una vera e propria avventura, esaminando cose, parlando con persone e risolvendo grattacapi spesso al limite dell’inferenza logica. La differenza con i classici sparattutto è enorme: innanzitutto non ci sono “vite” e non si può “perdere”, c’è solo il rischio di vagare nei meandri della storia in attesa di un’intuizione per risolvere un enigma.“Mi chiamo Guybrush Treepwood e voglio diventare un pirata”. Inizia così il primo capitolo della saga di Monkey Island. Guybrush è il classico giovane inetto con un grande sogno e un’unica capacità apparente: è in grado di trattenere il fiato per dieci minuti. Per diventare un pirata dovrà superare tre prove: trovare il tesoro nascosto dell’Isola di Melée, rubare l’idolo dalle molte mani al Governatore e sconfiggere il Maestro di Spada in una gara di... insulti! Nel corso della storia Guybrush affronterà diversi nemici, incontrerà l’amore e salperà per luoghi terrificanti e sconosciuti mantenendo un sottofondo ironico che accompagnerà sempre il giocatore/spettatore. Come in una sorta di bildungsroman il personaggio si evolve con la

di Nicola [email protected]

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serie di capitoli: cresce, diventa più maturo e coraggioso ma mantiene sempre una sorta di irriverenza e spensieratezza tipica dei giovani. Il duello con il nemico LeChuck, un capitano pirata fantasma, si ripercuote in tutti i capitoli della saga: Monkey Island 2 LeChuck’s Revenge (1991), The Curse of Monkey Island (1997), Fuga da Monkey Island (2000) e Tales of Monkey Island (2009).I primi due capitoli della saga sono ormai catalogati come abandonware, ovvero come titoli sui quali non esistono più diritti: per questo motivo sono scaricabili legalmente da qualsiasi sito internet. Per funzionare sui moderni computer serve un emulatore (anche questo facilmente e legalmente scaricabile). Insomma, se volete celebrare i 25 anni di questo magnifico videogioco non vi resta che accedere alla connessione, fare partire il download e prendere le redini di Guybrush: in fondo, chi non ha mai desiderato almeno una volta diventare un pirata?

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A Milano il salone degli stili di vita

Dal 17 al 20 gennaio 2015, a Rho Fiera,

la terza edizione del nuovo MACEF

“Stile. Multiculturalità. Tendenze. Incontro. Business.” Queste le parole chiave usate per descrivere il carattere della fiera milanese dedicata ai complementi d’arredo HOMI, già conosciuta con il nome Macef. Nella O del nome scelto per la manifestazione c’è l’allusione al “cerchio che racchiude e avvolge simbolicamente la persona, i suoi spazi e le sue abitudini” e in questa terza edizione, che si svolgerà dal 17 al 20 gennaio al polo fieristico di Rho, si cercherà di rispettare questi propositi.La formula espositiva scelta è quella di dividere lo spazio fieristico in dieci “satelliti” (che tanto ricordano il Salone Satellite della Design Week), ovvero dieci diverse visioni dell’abitare e del vivere per rispecchiare al meglio l’uomo contemporaneo.

Qui saranno presenti tutti i settori di HOMI rivisti secondo nuovi concetti espositivi e affiancati da nuovi settori, sempre legati al mondo della casa e della persona e direttamente collegati ai nuovi stili di vita. A fianco di questa nuova proposta, l’acquisizione di una inedita formula espositiva per Homisphere, che vedrà ne “Il colore nella natura del cibo” il fil rouge per la progettazione della scenografia e la riflessione sul linguaggio della tavola, inteso come luogo dove sperimentare nuove modalità di condivisione e consumo.Reduce dal grande successo in Russia, che ha visto 8000 visitatori professionali nella sua prima edizione svoltasi nell’autunno 2014, HOMI 2015 nelle dieci aree espositive dei satelliti porterà a contatto il pubblico e le aziende italiane specializzate nel design, lifestyle e home decor con “proposte per vivere se stessi e la casa indoor e outdoor, consigli per valorizzare il giorno e abbracciare la notte, soluzioni per sperimentare e condividere il benessere in ogni sua sfumatura”.

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Una lunga lista di nomi anglofoni per identificare ciò che abbellirà la nostra tavola, le cucine, i punti luce della casa (Living Habits); grande attenzione al mondo tessile e all’homeware, vanto soprattutto delle aziende del Nord Italia e settore sempre in attivo nell’export, come dimostrano i dati di resoconto alla chiusura dell’edizione russa; con l’Home Wellness si prenderà contatto con i prodotti e l’oggettistica dedicati a bagno, wellness, relax, sport. E ancora, proposte per il giardino e gli accessori per i nostri amici a quattro zampe; una sezione interamente dedicata alla profumazione dell’ambiente e della persona, un’altra a idee regalo e alla progettazione di eventi. Non possono mancare, ovviamente, offerte per il Kid Style, che variano dagli arredi alla moda per i più piccoli. Infine, il Concept Lab di supporto per la progettazione di ambienti privati o lavorativi, editoria e cibo.Non solo casa e lavoro, ma anche hobby, viaggi, musica, moda e abbigliamento. Insomma, una

fiera ideata per soddisfare a 360° i bisogni e i desideri dell’uomo contemporaneo e che va oltre perché con il contatto diretto produttore/compratore si dà la possibilità di rendere concreti e immediati certi sogni.La Mi di HOMI è un chiaro omaggio alla città che ospita questo impegnativo e corposo evento, dove nascono mode, nuovi stili di vita, architetture premiate in tutto il mondo, generazioni future di creativi. Dove la vita è sempre di corsa e non c’è tempo per pensare e riposare. Forse, proprio per questo motivo, nasce la nuova versione di HOMI che racchiude tutto e più di tutto, per coccolare e cullare l’uomo del 2000. E allora, perché non approfittarne?

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SICILIA CONTEMPORANEA

UN MUSEO ALL'APERTO FIUMARA D'ARTE

Nel letto di un antico fiume a Castel di Tusa, in provincia di Messina, ha trovato posto un museo all’aperto: la Fiumara d’Arte. Il progetto risale all’inizio degli anni Ottanta, per iniziativa del collezionista Antonio Presti ed è nato dal desiderio di omaggiare quella Sicilia contemporanea che, scegliendo la via della bellezza, ha deciso di rappresentare l’impegno civile ed estetico dell’uomo.A un territorio dimenticato ma suggestivo, Antonio Presti ha così voluto donare opere d’arte di artisti internazionali. Tonnellate di cemento si sono trasformate in una collezione di opere monumentali. Il Monumento per un poeta morto, meglio conosciuto come Finestra sul mare, dedicato da Tano Festa al fratello scomparso: una gigantesca cornice azzurra in cemento che ritaglia una porzione di orizzonte e consente allo sguardo di scivolare nell’infinito. Seguono, come apparizioni fuori dal tempo, altre sei enigmatiche presenze scultoree, Energia

Mediterranea di Antonio Di Palma: un’immensa onda azzurra gonfiata dal vento dedicato agli studenti massacrati in piazza Tien’an men. Il visitatore che continua a salire verso la montagna, arriva a un bivio dove incontra una strana vela metallica: si tratta di Una curva gettata alle spalle del tempo di Paolo Schiavocampo. Poco oltre si giunge al Labirinto di Arianna di Italo Lanfredini, un percorso a spirale che, senza possibilità di smarrirsi, conduce a una zona centrale dove cresce un ulivo, simbolo di fertilità e di pace.La piramide di Staccioli è l’ultima scultura monumentale aggiunta alla collezione. Cava, alta 30m per 22 di lato e rivestita d’acciaio, è stato realizzata con uno speciale materiale che a contatto con l’aria si ossida e assume un colore bruno intenso.La Sicilia pur aprendosi al contemporaneo non tradisce la propria storia con opere che richiamano

Susanna Tuzza – [email protected]

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Capa, Cartier-Bresson, Rodger e Chim in mostra al Museo

del Violino di Cremona per illustrare la Nascita di Magnum

Quando ho letto il comunicato stampa della mostra organizzata al Museo del Violino La Nascita di Magnum, da addetta ai lavori, ho subito pensato: sarà la solita “fuffa”!Sempre molto scettica nei confronti delle grandi mostre blockbuster, abituata a leggere fior fior di nomi conosciuti sui cartelloni pubblicitari, ma a trovare ben poca qualità, poi, nella realtà, sono andata a vedere l’esposizione. Prima di entrare, come mio solito, mi sono ben documentata sia leggendo la brochure che parlando con il personale in accoglienza. Dalle prime battute ho capito immediatamente di essere stata affrettata nei giudizi: la mostra Magnum nasce come progetto allargato di una

precedente esposizione organizzata dal curatore Marco Minuz a Villa Manin a Codroipo (UD) con lo scopo di mostrare la grande ricerca svolta dai fotografi contemporanei, il lavoro intenso e rivoluzionario di alcune figure illuminate che hanno formato generazioni intere e documentato la storia in ogni suo minimo dettaglio.Per Cremona, quindi, Minuz decide di portare fotografie non solo di Robert Capa, ma di tutto il gruppo di creativi che il 22 maggio 1947 hanno dato vita alla Magnum Photos Inc, ovvero: Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Saymour ‘Chim’, William Vandivert e lo stesso Robert Capa. L’agenzia nacque principalmente per tutelare il lavoro del fotografo e per far rispettare gli associati diritti fotografici delle immagini. In che modo? Attraverso la formula della cooperativa, grazie alla quale gli autori diventavano proprietari del loro lavoro, si proponevano autonomamente alle testate senza essere assoggettati alle esigenze editoriali e, punto fondamentale, mantenevano la proprietà dei negativi garantendo così un pieno e minuzioso controllo sulla diffusione delle immagini.

di Gaia [email protected]

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La riflessione nasce a seguito della seconda guerra mondiale, vissuta e immortalata dagli artisti sopracitati, e del conseguente sviluppo sia della stampa illustrata che delle agenzie fotogiornalistiche avvenuto durante i due conflitti.Per ogni fotografo viene prevista una suddivisione geografica nella quale operare per garantire una copertura totale ad ogni avvenimento: Bresson in Oriente, Chim in Europa, Vandivert in America, Rodger in Medio Oriente e in Africa; a Capa, invece, viene data piena libertà d’azione.Il percorso espositivo, che copre un’intera ala dell’edificio del Museo del Violino, è composto da 120 fotografie ed è organizzato per autore; di ognuno sono raccontati, con parole e immagini, i primi reportage fatti all’avvio dell’agenzia. Fa eccezione una piccola, ma significativa, raccolta di immagini di Robert Capa, all’ingresso della mostra, immediatamente antecedente Magnum,

che illustra il suo lavoro sul fronte spagnolo, giappo-cinese, francese durante la seconda guerra mondiale. In questa ouverture già si può intuire l’altissimo livello dei lavori esposti e la grandezza di questi personaggi. Compaiono: Ragazzo Soldato (1938), che fu usata come copertina di Life; a fianco la celebre immagine dello sbarco in Normandia, la musa ispiratrice del film Salvate il Soldato Ryan di Spielberg, dove le teste dei soldati che sbucano dalle fosche acque si percepiscono appena, assomigliando più a dei fantasmi fluttuanti che a degli uomini. Interessante scoprire che forse la più celebre immagine del fotoreporter ungherese, naturalizzato francese, sarebbe anche potuta non esserci: a Omaha Beach nel 1946 infatti Capa realizza 106 scatti per documentare lo sbarco delle truppe americane in Europa, ma per un errore di sviluppo riuscirà a salvare solamente “i magnifici undici”, serie pubblicata nella sua

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interezza il 19 giugno 1944 sempre sulla rivista Life. Di Capa si può ammirare anche il reportage che documenta la nascita dello stato di Israele puntando la sua attenzione soprattutto sui campi profughi, serie che ci conduce nel cuore della mostra e ci introduce alle sezioni dedicate agli altri tre fotografi di Magnum.George Rodger viene illustrato attraverso il reportage svolto in Sudan, nella tribù Nuba, nel 1948. Immagini poetiche e, allo stesso tempo, maestose, di fronte alla quali si viene colti da un certo timore reverenziale per l’eleganza che emanano. La stessa che si nota nelle posture dei guerrieri o dei danzatori in abiti tradizionali. L’ingresso, a forma di buco della serratura, di una casa (1949) ci fa entrare magicamente, in quei bianchi e neri perfetti, in una dimensione culturale a noi completamente estranea e affascinante e ci fa sentire dei moderni voyeur pronti a sbirciare in quella surreale serratura.Il viaggio continua con Henri Cartier-Bresson in India, tra il 1947 e il 1966, al capezzale di Gandhi poche ore prima della sua morte. I ritmi rallentano, si possono sentire i profumi intensi di incenso e spezie, le urla di Delhi, la delicatezza delle maestranze artigiane di Jaipur; sopra tutto, si percepisce la consapevolezza e la forza di un popolo nutrita da un piccolo uomo con gli occhiali tondi ammirando gli sguardi degli indiani al suo funerale.Infine, arriva l’Europa inaspettata, ironica e sorridente di David Seymour detto Chim. Incaricato dall’UNICEF nel 1948 di realizzare un reportage sui bambini bisognosi dell’Europa nel dopoguerra, in dodici settimane viaggia tra la Polonia, l’Ungheria, l’Austria, la Germania, l’Italia e la Grecia per osservare e immortalare i piccoli sguardi vispi degli orfani di guerra. Venticinque fotografie in tutto, una in fila all’altra, come diligenti soldatini rappresentano questo viaggio a lui molto caro. Cuore di questa sfilata il grande riso spontaneo di una ragazza di Matera vicino al suo cavallo, A peasant girl leading her family’s horse back from the fields to her cave home (1948), un vero omaggio alla vita che, nonostante tutto, continua.Dell’Italia si trovano altri scatti, di Venezia, Firenze e Roma, in particolare della Città del Vaticano; probabilmente Nanni Moretti per Habemus Papam avrà visto prima di me Seminaristi che giocano a pallavolo (1949), chissà.

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Alla fine del percorso, che si gusta in silenzio anche grazie ad una squisita progettazione illuminotecnica, non si vorrebbe più uscire. Alcune immagini richiamano la tua attenzione, ti riportano a loro con canti da sirene, si avverte la necessità di andare a scovare particolari che al primo sguardo possono essere sfuggiti, più semplicemente si viene colti da un attaccamento magnetico a quelle fascinazioni. E separarsene è un lento e faticoso andare.Quello che resta poi, impresso nella mente e, più in profondità, nell’anima, è la nostra storia.

La nascita di MAGNUM. Robert Capa henri cartier-Bressongeorge Rodger David Seymour ‘Chim’.Cremona, Museo del Violino, a cura di Marco Minuz31 ottobre 2014, 8 febbraio 2015

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La nuova pausa comica

Nuovo anno, nuovo inizio, come si suol dire.E ad esser sinceri questa è proprio una di quelle occasioni in cui il detto coincide con la realtà.La Pausa Comica, che si ripropone di raccontare e intrattenere con brevi storie a fumetti, riparte con questa uscita zero, cambiando storia, personaggi, tematica. E autori.Abbandonato un gruppo di scout al suo destino infausto fra la boscaglia e le intemperie, ci catapultiamo in un paesaggio ben più famigliare: il cosiddetto cinematografo, comunemente nominato e noto a tutti come “Cinema”.È proprio qui, infatti, che prendono vita e si relazionano i tre protagonisti di Pausa Cinema con le loro rispettive specializzazioni lavorative nell’ambito della sala cinematografica.Diversi per carattere, aspetto e lavoro, ma uniti da un’unica passione, “la settima arte”, i protagonisti ogni mese affronteranno una nuova tematica legata ad un film da gustarsi

insieme di fronte al loro mega-schermo con pop-corn e quant’altro su un comodo e spazioso divano (il modo migliore di godersi un film insomma!).È interessante infatti come presupposto il trampolino di lancio che questo nuovo filone sfrutta approfittando anche della vicinanza/somiglianza tra i due mondi artistici (la settima e la nona arte) che inevitabilmente impregneranno questi episodi. L’infinita vastità e versatilità del panorama cinematografico che, dalla sua nascita alla fine del XIX secolo ad oggi, ha materializzato qualunque possibile tematica della fantasia umana, dai bisogni più seri e riflessivi con la critica sociale e politica più concettuale fino al puro intrattenimento con fiabe e avventure di mondi inventati e scenari futuristici e via dicendo, volti a divertire, affascinare, commuovere ed esaltare lo spettatore.

di Matteo [email protected]

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Un vero tuffo nel mondo del cinema attraverso il fumetto insomma, o vice versa. Sotto la guida di due prodi frequentatori e disegnatori del Centro Fumetto “Andrea Pazienza” di Cremona: Simone Riccardi e Miryam Di Capo appassionati della nona quanto della settima arte (che per specificare

sono rispettivamente “fumetto” e “cinema”) e reduci dagli ottimi piazzamenti come migliori fumettisti Under 18 ottenuti nell’annuale Concorso Esordienti intitolato a “Floriano Soldi” in occasione della Festa del Torrone di Cremona ed aperto a tutta la provincia.Che altro dire, buon fumetto e buon film!

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Curiositàgennaio

Gli ultimi giorni di gennaio sono storicamente da sempre i più freddi di tutto l’inverno; giorni che secondo la leggenda sono stati sottratti a febbraio per fare dispetto ad una merla che, sbeffeggiando il freddo di gennaio ormai concluso, se ne usciva dal suo nascondiglio fischiettando. Il mese di gennaio quindi si indispettì, scatenando neve e tempesta e obbligando la merla dal piumaggio bianco a rifugiarsi in un camino per scaldarsi. Le sue piume candide si sporcarono per sempre di fuliggine, diventando irrimediabilmente nere.Indipendentemente dalla leggenda, ciò che rimane nella tradizione sono i canti intonati in coro davanti ai falò nelle piazze dei paesi o da una riva all’altra dei fiumi. Nel lodigiano e nel cremonese la tradizione si ripete ogni anno: l’occasione è ottima per scaldarsi con un bicchiere di vin brülé e per lasciarsi trasportare dalle note delle canzoni popolari. Appuntamento quindi ai prossimi freddissimi 29, 30 e 31 gennaio!

La merla non è sempre stata nera… Colpa della fuliggine…

L’Epifania tutte le feste le porta viaEbbene sì, siamo arrivati alla conclusione delle Feste. C’è chi si dispiace e chi tira un sospirone di sollievo. Finiscono le vacanze, ma finiscono anche le grandi riunioni di famiglia… Che non fanno impazzire di gioia proprio tutti. Nel presepio arrivano i Re Magi e nelle piazze dei paesi si brucia “La Vecchia”. Una tradizione che simboleggia la chiusura dell’anno passato, l’eliminazione degli ultimi 12 mesi, per fare spazio al nuovo. L’Epifania è il momento in cui si tolgono gli addobbi, si rimettono le palline nelle scatole, si torna alla gestione ordinaria e si inizia davvero l’anno nuovo.

di Rachele Donati De Conti

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27 gennaio 1945: si aprono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz e l’orrore della deportazione dell’uccisione del popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale diventa di dominio pubblico. In ricordo e a commemorazione di questa grande tragedia umana, il 27 gennaio diventa, per volere dell’ONU nel 2005, la Giornata della Memoria. Una data in cui tutti i media parlano di olocausto, di ricordo, di stragi, di camere a gas, di campi di concentramento e di sterminio, di treni, di gelo, di condizioni terribili. Un momento di riflessione che non deve fermarsi al 27 gennaio, ma che deve risuonare ogni giorno. Perché la vita è una, perché la dignità della persona va salvaguardata sempre. Perché non ci devono far inorridire solo le grandi tragedie, ma dobbiamo anche nel nostro piccolo ogni giorno singolarmente evitare atteggiamenti sbagliati. E liberare i nostri piccoli campi di concentramento interiori.

La frase diventata famosissima, e usata nelle più svariate occasioni, sarebbe stata pronunciata da Cesare il 10 gennaio del 49 a.C. “Il dado è tratto” – anche se la traduzione precisa e l’origina greca sembrerebbe andare in una direzione leggermente diversa – è divenuta il simbolo di una decisione presa e dalla quale non si può tornare indietro. Cesare lancia il suo esercito attraverso il Rubicone e trasgredisce ad una legge che impediva di entrare in Italia armati. Ma la decisione è presa, il dado è lanciato. E si inizia la guerra civile. Così dovrebbero essere le nostre decisioni: convinte, definitive, capaci di segnare la strada! Avanti insieme a Cesare attraverso il fiume!

Un giorno per fare memoria, ma che duri tutto l’anno!

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Spazio PositivoÈ con immenso piacere che con il primo mese del 2015 diamo il via alla nuova rubrica “Spazio Positivo”.Da grande sostenitrice del pensiero positivo, colgo l’occasione per iniziare proprio dall’importanza di quest’ultimo nella vita di ogni giorno proprio perché, fra tutti i buoni propositi che si fanno all’inizio di un nuovo anno, questo è senz’altro quello che merita una particolare attenzione, in quanto ci può dare davvero la possibilità di modificare in meglio la nostra vita con l’obiettivo di sentirsi bene. “Vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto” significa che di ogni cosa, persona o situazione dobbiamo cogliere e considerare sempre l’aspetto positivo minimizzando o non dando importanza a ciò che vi troviamo di negativo. Adottare costantemente un atteggiamento positivo significa iniziare ogni giorno con il sorriso, con la consapevolezza che la vita è la cosa più bella che abbiamo e non se ne deve sprecare nemmeno un istante. Quale cosa ci fa sentire meglio dell’apprezzare tutto ciò che ci circonda, l’ambiente naturale, le persone che ci vogliono bene, le esperienze di ogni giorno?Atteggiamento positivo significa togliere dal nostro vocabolario la parola “lamentarsi” che spesso viene usata anche come abitudine. È così gratificante guardare le bellezze che abbiamo intorno, cogliere il modo gentile che una persona ha nel rapportarsi con noi, provare immensa gioia nel condividere un momento importante che sta vivendo un amico e provare

Laura Gipponi [email protected]

entusiasmo insieme a lui per il desidero che sta realizzando. Talvolta anche dalle esperienze negative, se adottiamo l’atteggiamento positivo, possiamo imparare molto: in questi momenti apprezziamo maggiormente ciò che abbiamo e ciò che facciamo di bello, momenti che spesso non vengono valutati abbastanza. Inoltre dai nostri errori abbiamo sempre molto da imparare per essere migliori alla prossima occasione. L’atteggiamento positivo infine è la base di partenza per iniziare a realizzare i nostri obiettivi, i nostri sogni perché ci mette sulla vibrazione mentale giusta per conseguirli. Vi esorto quindi ad iniziare con me da questo mese il percorso positivo per raggiungere insieme con consapevolezza l’obiettivo di sentirsi bene.

Laura Gipponi

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Tempo di preparazione: 3 ore Ingredienti per 8 persone

1,2 kg di verza 1 kg di puntine di maiale 500 grammi di salsiccia 200 grammi di cotenne 4 “verzini” (salsicce fresche) 1 piedino di maiale 2 orecchie di maiale 1 codino di maiale 1 musetto di maiale 1 carota 1 cipolla 1 costa di sedano burro qb salsa di pomodoro qb un mestolo di brodo vegetale 1 bicchiere di vino bianco olio extravergine qb sale qb pepe qb

Preparazione

Lessare in acqua bollente per circa un’ora le orecchie, il musetto, il codino e il piedino di maiale rotto a metà, insieme alla cotenna.In una capace casseruola far rosolare la cipolla tritata con burro e olio ben caldi; unire le puntine, la salsiccia tagliata a tocchetti e i verzini. Bagnare il tutto con un bicchiere di vino bianco e lasciarlo evaporare.Togliere dalla casseruola i pezzi di maiale e nel fondo di cottura far insaporire la carota e il sedano tagliati grossolanamente.Unire al fondo un cucchiaio di salsa di pomodoro allungata con un po’ di brodo; aggiungere sale e pepe e far stufare l’intingolo.A parte, far appassire la verza tagliata a listarelle nella sola poca acqua che rilasceranno.All’intingolo di salsa di pomodoro aggiungere la verza e la carne, sia quella lessata (orecchio, musetto, codino, piedino e cotenna), sia quella rosolata (puntine, salsiccia e verzini).Coprire con un coperchio e far stufare per un’ora e mezza prima di servire.

Desi Roccato [email protected]

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Vino per eccellenza della Franciacorta, e un classico di Ca’ del Bosco, vinificato per la prima volta nel 1975 è nel patrimonio della tradizione contadina della zona. L’uvaggio è un composito di sei vini diversi che ben si adattano al clima di queste latitudini e che gli donano una precisa fisionomia.Ottimo compagno per i piatti della cucina tradizionale, capace di mantenere la sua tipica fragranza per diversi anni è un vino intenso, ma non troppo corposo, flessuoso, morbido e piacevole.

Ca' del Bosco Curtefranca d.o.c.

Uve:

35% Merlot

23% Cabernet Franc

19% Cabernet Sauvignon

11% Nebbiolo

11% Barbera

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RICE

TTE

SbisolonaTempo di preparazione: 1.5 ore

700 grammi di farina bianca 300 grammi di farina gialla 300 grammi di zucchero 150 grammi di burro 150 grammi di strutto 2 uova (1 intero e 1 solo tuorlo) 2 bustine di vaniglia 1 bicchiere di rum o cognac 1 pizzico di sale la buccia grattugiata di 1 limone

Preparazione Unire in una grande zuppiera la farina bianca, quella gialla, lo zucchero, lo strutto e il burro a temperatura ambiente. Aggiungere le uova, la vaniglia, il sale, la scorza grattugiata del limone e il rum o il cognac. Impastare il tutto in modo da ottenere un composto granuloso, pressare la pasta ottenuta nella teglia.Mettere in forno caldo e far cuocere per circa un’ora alla temperatura di 160°.

Desi [email protected]

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La Malvasia delle Lipari, annoverata tra i più antichi e pregiati vini di Sicilia, ha origini remote - probabilmente introdotto dai greci - nasce nelle isole Eolie nel I secolo. Il passito presenta un colore giallo oro vivo, limpido. Al naso il profumo è abbastanza ampio, intenso e persistente, fine, con sentori di albicocca matura ed essiccata, confetto, miele di acacia e, lieve, eucalipto e mandorla. Il sapore è dolce, sapido, caldo, sufficientemente fresco, pieno e di molta persistenza aromatica.

FenechMalvasia delle Lipari

Uve:

uve di malvasia

piccola percentuale di uve di Corinto nero.

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